A Genova aprono gli allestimenti multimediali dedicati al Navigatore e al porto
Al Galata Museo del Mare sono visibili i nuovi allestimenti multimediali delle Sale del Porto di Genova e di Cristoforo Colombo. Le due aree del Museo interessate aprono al pubblico presentando tecnologie avanzate, in linea con lo stile del Galata Museo del Mare, in grado di svelare storia, aneddoti e curiosità su temi antichi e moderni, come quelli del porto di Genova con i suoi 1500 anni di storia e di Cristoforo Colombo, in maniera innovativa, esaustiva e divertente.
Un tavolo touch screen di grandi dimensioni mostra Genova medievale così come rappresentata nel famoso dipinto di Cristoforo de Grassi; oggetti, documenti e testi originali, tra cui spicca il prezioso Codice dei Privilegi di Cristoforo Colombo, sono affiancati da video e audio riprodotti in lingue antiche; riproduzioni virtuali di documenti conservati in Museo e in altre sedi culturali locali e nazionali, una selezione di documenti originali da approfondire attraverso la lettura del QR CODE con il proprio smartphone o tablet, completano le novità a cui hanno lavorato in questi mesi il Direttore Pierangelo Campodonico e lo staff scientifico del Museo composto da Gianni Carosio, Franca Acerenza e Nicla Buonasorte.
IL PERCORSO - LA SALA DEL PORTO DI GENOVA
E’ proprio il quadro del Grassi a presentare la prima novità: un grande tavolo interattivo, posizionato di fronte al famoso dipinto che rappresenta Genova e il porto nel 1481, permette al visitatore di ingrandirne i particolari, scoprire la storia della partecipazione dei genovesi alla crociata di Otranto e confrontare l’aspetto che avevano 5 secoli fa i principali monumenti della città esistenti ancora oggi come la Commenda di San Giovanni in Prè, la torre Grimaldina, la Lanterna o la Cattedrale di San Lorenzo.
Il Grassi è una visione d’insieme che introduce, a sua volta, al tema del porto. Attraverso le grandi tele, ereditate dai “Padri del Comune”, una magistratura che sovrintendeva all’efficienza del porto tra medioevo ed età moderna, si scopre che all’epoca, Genova era un approdo straordinario per la sua grandezza e che i genovesi furono i primi a cimentarsi nel gigantismo navale: costruivano navi sempre più grandi per portare più merci a minor costo, più armate e più protette verso una pirateria insorgente lungo tutto il Mediterraneo. Durante la rivoluzione navale del secondo Ottocento lo stesso porto, allora percepito come immenso, divenne piccolo, tanto da costringere le navi più grandi a evoluzioni complesse, come il disastro della Jolly Nero ha recentemente evidenziato.
Uno dei temi più affascinanti messi in luce nella prima sala è il rapporto complesso e contraddittorio tra Genova e il suo porto. Dai quadri e dalle testimonianze esposte emerge una storia fatta di penuria, di inefficienza, di scarsità di risorse. Non si investe mai per scommessa, puntando al futuro. Piuttosto si investe per necessità: nel 1546, quando la flotta turca scorrazza per il Tirreno, saccheggiando le città costiere, i Genovesi issano in fretta e furia le mura di mare (ancora oggi un tratto significativo è collocato al Molo, ed è chiamato Mura di Malapaga). Ed ancora, scavano i fondali della Darsena per far spazio alle galee di Andrea Doria per difendere la città, assoldando centinaia di uomini e di donne che, con secchi e badili, e strani strumenti come le “cicogne”, estraggono migliaia di tonnellate di fanghiglia putrida.
Nel Seicento, negli anni immediatamente seguenti alla guerra con i Savoia, la Repubblica è sotto scacco, ma ha la forza di effettuare uno straordinario investimento, con la realizzazione di un molo, detto Nuovo, in fondali che vanno dai 15 ai 20 metri. Un molo costosissimo, eppure essenziale, perché finalmente permetteva al bacino un riparo da quel vento che era una maledizione per i marinai genovesi: il Libeccio, capace di non manifestarsi per mesi e poi soffiare con violenza devastante, allora come oggi, tanto che fu proprio una tempesta di questo vento a causare l’affondamento della London Valour (9 aprile 1970) sulla diga foranea genovese.
Le tele, i modellini e il plastico, le spiegazioni in video dei curatori che mostrano la straordinaria iconografia che il Galata possiede, aiutano a comprendere una contraddizione ancora oggi aperta: il porto è sempre stato vissuto come una spesa, una iattura: “se fosse stato fatto d’argento sarebbe costato poco di più”, scrivono i solerti Padri del Comune a proposito dell’allungamento del Molo - quello Vecchio - nel Quattrocento.
Il porto costa: si deve combattere contro l’interramento, investire per trasformare i pontili in legno in larghe calate in muratura, dove navi grandi e ingombranti possano accostarsi e scaricare le loro merci, soprattutto povere. A Genova arrivano legname (per costruire navi e palazzi, ma anche per scaldarsi), grano (per sfamare una popolazione stabilmente sopra le 100.000 unità), lana (per i tessitori), olio e vino. Certo, anche partite di merci raffinate e preziose, ma sono soltanto una frazione del tutto.
IL PERCORSO - LA SALA DEDICATA A CRISTOFORO COLOMBO
In questo porto, dipinto dal Grassi e affollato di galee e caracche, cresce un ragazzo di nome Cristoforo Colombo. Nella seconda sala a lui dedicata i curatori del Museo hanno deciso di provare a rispondere alle domande maggiormente ricorrenti: con che navi navigava? quali strumenti e tecniche utilizzava? quanti viaggi ha fatto? qual era la sua concezione del mondo? Ed ancora: qual era l’aspetto del Navigatore? E, infine, era davvero genovese?
Il video collocato a lato del dipinto attribuito al Ghirlandaio aiuta a comprendere meglio la sterminata iconografia di Colombo, ma ne denuncia anche i limiti artistici e formali. A paragone degli altri ritratti, quello esposto al Galata emerge come un dipinto d’autore e giustifica come mai, negli anni, nell’immaginario collettivo questo sia il suo volto. L’immagine è di grande qualità e il confronto con le altre opere di Ridolfo Bigordi stabilisce interessanti somiglianze, alla ricerca di quella prova decisiva che ancora non c’è.
A completare il nuovo allestimento dedicato al Grande Navigatore, una selezione dei documenti “genovesi” di Colombo. Sulle orme del lavoro di Paolo Emilio Taviani - a cui è dedicata la sala - e di Aldo Agosto, lo staff scientifico del Museo ha selezionato alcune lettere originali, come quelle indirizzate a Oderico e al Banco di San Giorgio, custodite in teche che si illuminano al passaggio del visitatore per evitare che prendano inutilmente luce. Altre, invece, custodite negli archivi di stato di Genova, di Savona e alla Biblioteca Apostolica Vaticana, sono presenti virtualmente.
In un grande monitor, il visitatore può selezionare il documento, la lingua in cui vuole vedere la traduzione e poi ascoltarne il testo in lingua originale: il latino medievale dei notai genovesi, l’italiano arcaico e lo spagnolo del ‘500, la lingua in cui si esprimeva Cristoforo Colombo.
A lato del video si trova la firma autografa in rilievo di Colombo. La sua è una firma molto particolare che secondo alcune interpretazioni degli storici dimostra la sua profonda fede, e sembrerebbe che egli abbia voluto attribuire un preciso significato simbolico e profetico alla sua firma: Xpo FERENS - in grecolatino Cristoforo - significa “colui che porta a Dio”. Le lettere X, M, Y rappresentano le iniziali delle tre religioni monoteiste (Cristiani, Musulmani ed Ebrei), mentre le lettere S disposte a triangolo come il triangolo rappresentato dalla A, indicano la Trinità.
Prima di proseguire il viaggio per mare alla scoperta della Galea genovese, il visitatore con il proprio smartphone o tablet, può fotografare il QR Code di suo interesse per crearsi una guida su misura e una volta tornato a casa, scaricare immagini e testi. L’applicazione consente di navigare su pagine web dedicate o leggere ed ascoltare le didascalie e i commenti.
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