Vorrei soffermarmi invece sul metodo in un certo senso più tradizionale, basato sul classico alternatore collegato al motore.
In effetti questa potrebbe essere una valida alternativa all’installazione di un generatore di corrente, che se da un lato avrebbe l’enorme vantaggio di risparmiare il motore principale, non è una scelta sempre praticabile per motivi di costi e di spazio.
Dunque, se decidi che un impianto fotovolcaico od un generatore eolico non fanno al caso tuo, perché non sufficienti a sopperire al tuo fabbisogno giornaliero di Kilowattora, la scelta dell’alternatore potrebbe essere ancora la migliore e forse ancora la più economica, anche se non certamente ecologica.
Se pensi di affidare il compito di caricare le batterie all’alternatore di serie, commetti un grave errore.
Infatti questo è progettato principalmente per ricaricare la batteria del motore, chenon è soggetta a continui cicli di carica e scarica.
Non è tanto la potenza che manca a questi alternatori (quelli installati sui motori recenti erogano come minimo 60-70 Ampere, cioè 800-900 watt), quanto il regolatore di carica appropriato.
Per essere ricaricate al 100% in tempi relativamente brevi, le batterie hanno bisogno di programmi di ricarica abbastanza sofisticati, che riescano a fornire tutta l’energia che le batterie possono immagazzinare, ma senza superare la soglia che le danneggerebbe irrimediabilmente (in alcuni casi causando perfino l’esplosione della batteria stessa)
I regolatori di tensione montati sugli alternatori standard non sono così sofisticati e quindi si verifica che di norma la carica delle batterie con l’alternatore del motore raggiunga soltanto il 75-80% della sua capacità teorica.
Un bel guaio, soprattutto in considerazione del fatto che una batteria non può scendere sotto al 50% della sua carica, pena il suo danneggiamento. Vuol dire che noi ne utilizziamo solo il 25%! Cioè una batteria da 100 Ah caricata con l’alternatore standard eroga soltanto 25 Ah tra un ciclo di carica e quello successivo. Beh, un bello spreco, no?
La soluzione ottimale secondo me è quella di lasciare l’alternatore del motore collegato solo alla batteria per l’avviamento del motore (sarà più che sufficiente per questo compito). Si installerà poi un secondo alternatore di potenza, sempre collegato al motore, che sarà dedicato a caricare il pacco delle batterie dei servizi.
Questo alternatore aggiuntivo sarà ovviamente collegato ad un regolatore di tensione esterno, del tipo a più stadi, che provvederà a caricare le batterie come si deve.
Di alternatori di questo tipo se ne trovano parecchi sul mercato, con potenze che vanno dai 100 A (1.5 KW) fino a 200 ed anche oltre (anche se oltre i 200 i prezzi salgono vertiginosamente)
Vediamo quindi quali sono i criteri per una scelta oculata.
Quale potenza scegliere?
La potenza massima di un alternatore dovrebbe essere scelta in funzione della capacità del gruppo di batterie da caricare. Una potenza pari al 25-30% della capacità nominale delle batterie è normalmente considerata adeguata. Quindi per un gruppo batterie di capacità totale pari a 450 Ah si sceglie un alternatore da 150 Ampere.
Non dimenticarti che per produrre energia elettrica, un alternatore deve necessariamente assorbire potenza al motore (nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma). Il nostro alternatore da 150 A (quasi 2.5 KW di potenza) “ruberà” al nostro motore fino a 7 cavalli di potenza! 2.5 KW sarebbero in effetti 3.5 CV, ma parte dell’energia verrà “sprecata” per lo più in calore ed attriti vari).
Questo non è soltanto un problema di perdita di potenza utilizzabile per scopi propulsivi, ma è significativa del fatto che l’alternatore di potenza dovrà essere ancorato a delle staffe molto robuste per evitare che venga divelto durante il funzionamento.
Quale tipo di alternatore scegliere?
La cosa più difficile è proprio scegliere l’alternatore giusto.
E’ importante sapere che non tutti gli alternatori sono uguali. Tanto per iniziare, la potenza erogata varia in funzione della temperatura. Di solito quella riportata dal costruttore è riferita ad una temperatura di 25 gradi, che è una temperatura cui l’alternatore non lavorerà mai, visto che raggiungerà temperature superiori ai 70 gradi dopo pochi minuti di funzionamento! (vedi il punto precedente)
Alcuni alternatori, a 70 gradi erogano una potenza inferiore anche del 25-30% rispetto a quella nominale. Ma ci sono degli alternatori progettati apposta per ridurre al massimo questa perdita di potenza (mi sembra che siano caratterizzati dalla sigla “KKK”). In generale, sono comunque da preferire alternatori che siano raffreddati adeguatamente da una ventola di dimensioni generose, perché questo si tradurrà sempre in una maggiore efficienza della turbina.
Altra caratteristica cui porre molta attenzione è la curva di potenza in funzione del numero di giri. Bisogna scegliere preferibilmente un modello che cominci ad erogare una buona percentuale della corrente massima ad un regime corrispondente a quello del minimo del nostro motore, altrimenti alla fonda saremo costretti a tenere il motore leggermente accelerato per velocizzare il processo di carica.
Attenzione a non farsi ingannare leggendo le curve di potenza in funzione del numero di giri. Bisogna sapere che questa curva è sempre riferita all’albero dell’alternatore, e NONa quello del motore. Infatti un trucchetto spesso utilizzato per rendere più efficiente l’alternatore quando il motore gira al minimo, è quello di sostituire la puleggia con una di diametro leggermente inferiore, in modo da far girare più velocemente l’albero dell’alternatore. Lo stratagemma funziona bene, a patto di verificare che ad alti regimi di rotazione del motore l’alternatore non superi la velocità di rotazione per cui è stato progettato, perché si potrebbe facilmente danneggiare.
Insomma, non scegliere mai l’alternatore a caso, ma leggi prima attentamente le caratteristiche tecniche e curve di potenza o in alternativa, affidati ad un tecnico esperto per un buon consiglio.
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