CENNI STORICI DEL CORALLO
La leggenda avvolta attorno al corallo, narra il suo principio dal sangue della testa recisa di Medusa di cui avrebbe conservato gli stessi poteri. Il corallo vanta una storia antichissima in cui un insieme di leggende esalta le sue presunte virtù terapeutiche e scaramantiche che trovano riscontro sia nella cultura orientale che in quella occidentale. Per il suo valore atti ad allontanare gli influssi maligni, sarà il Cristianesimo paradossalmente a fare del corallo parte integrante della sua simbologia: grani di paternostri, crocefissi, ostensori, fasce battesimali e ornamenti per i Santi diventeranno oggetti privilegiati in cui il rosso ramoscello marino assumerà una definitiva consacrazione come simbolo del sangue di Cristo. I primi popoli del bacino del Mediterraneo furono probabilmente impressionati dalla sua origine marina e dal suo colore caldo e vivo, tanto che iniziarono a lavorarlo e a farlo conoscere in tutto il mondo.Venne scoperto solo agli inizi del ‘700 dal medico marsigliese Peissonnel, non è un vegetale, anche se ramificato e non è un minerale anche se pietrificato, il corallo è una secrezione calcarea prodotta da colonie di microrganismi e quindi è di origine animale. Il corallo rosso del Mediterraneo ha sedotto tutti i popoli che ne sono venuti in contatto. Gli ornamenti in corallo rinvenuti in alcuni siti archeologici fanno supporre che fosse conosciuto già varie migliaia di anni fa e dal canto loro i Greci ne furono dei grandi estimatori. Il corallo si insediò stabilmente nei costumi dei popoli nomadi d’oriente che lo utilizzarono perfino per ornare i propri cavalli, ritenendolo un formidabile portafortuna. In tutto il Mediterraneo si praticava la pesca e la lavorazione del corallo che veniva poi esportato in tutto il mondo conosciuto, utilizzando le vie per le quali in senso inverso si importavamo le spezie, la seta, i profumi e le altre merci pregiate. In Italia i primi a dedicarsi alla pesca e alla lavorazione sistematica del corallo furono i trapanesi che ben presto divennero abilissimi scultori, specializzati nel’ incastonatura di piccoli coralli su oggetti sacri e di uso domestico. Torre del Greco già a partire dal 1400 si dedicò alla pesca del corallo ed i pescatori torresi si spinsero con le loro coralline fino alle coste africane. Nel ‘700 divennero sempre più forti le ostilità della Compagnie Royale d’Afrique (compagnia francese) nei confronti di tutti i pescatori stranieri, affermando il suo monopolio sulla pesca del corallo, finché nel 1780, a causa degli incidenti sempre più frequenti, i torresi chiesero ai Borbone una regolamentazione della pesca del corallo. E fu così che dopo una decina di anni venne stilato il Codice Corallino. Si richiese inoltre di poter trasferire la lavorazione del corallo lì dove era pescato, e nel 1790 Acton approvò la fondazione della Real Compagnia del Corallo, che avrebbe assegnato ai torresi il monopolio della vendita del corallo.
Il corallo ai giorni nostri
Il corallo è utilizzato, sia come pietra preziosa in gioielleria , sia nella fabbricazione di oggetti artistici e decorativi. Sono due i tipi di lavorazione: la lavorazione a liscio, che è la lavorazione a carattere più seriale, dove per lavorazione a liscio si intende la realizzazione di manufatti per la gioielleria di forma geometrica, che viene ottenuta mediante asportazione di materiale. La lucidatura viene ottenuta mediante burattatura o per lucidatura a cera.
Fasi della lavorazione del corallo
La prima fase della lavorazione è il lavaggio, il corallo viene immesso in buratti con acqua ed altri componenti. I buratti ruotando fanno perdere al corallo la veste, ovvero la parte più esterna e più giovane del ramo che ancora non ha avuto il tempo di calcificarsi, donando al corallo il suo meraviglioso rosso naturale. A questo punto il corallo è pronto per il taglio, che un tempo veniva eseguito su un apposito banco di legno, incidendo il pezzo prima con una lima di acciaio a triangolo, poi più profondamente, con una spada a sega e recidendolo, infine, con una grossa tenaglia. Ora per lo più si usano dei sottili dischi diamantati. Il corallo già tagliato e diviso a gruppi viene selezionato per colore, e passa poi per una serie di crivelli dal fondo di ottone, con fori gradualmente più grandi, per ottenere varie partite di diverse misure. Per la foratura si utilizzava un trapanetto ad arco munito di punta di acciaio, il corallo veniva forato a passatoio, cioè da parte a parte, per essere infilato in collane, o a mezzobuco, nel caso di bottoni, palline, pendoli da fissare su perni. Attualmente si utilizzano motori elettrici. Il corallo subisce in questa fase una spianatura, ovvero viene infilato in un filo di ferro rigidamente teso e viene sgrossato su una mola di pietra arenaria. Segue laarrotatura o arrotondatura eseguita un tempo con una grossa mola, per un lavoro meno pregiato oppure con una lima di acciaio temperato a punta, detta quadrella, per rendere perfetta la curva del pallino. Ora gli strumenti non sono più manuali ma elettrici. L’ultima fase è dedicata allalucidatura, il corallo lavorato si presenta opaco e con microscopiche rigature in superficie, dovute all’abrasione esercitata dallo smeriglio della ruota. La lucidatura, ha il compito di eliminare queste rigature e ravvivare il colore del corallo, lucidandolo. Tradizionalmente veniva effettuato inserendo il corallo da lucidare in un sacchetto di iuta, aggiungendo dei minuscoli frammenti di corallo grezzo, pomice e pulimiento, una sostanza la cui composizione viene tenuta segreta. Il sacchetto di iuta veniva poi ricucito nel lato aperto. Se ne otteneva così un minuscolo cuscino, chiamato pupatella. Un operaio sfregava dalle sei alle sette ore la pupatella su una tavola di legno a forma trapezoidale, sulla quale gocciolava dell’acqua. Tutto questo procedimento manuale così caratteristico viene oggi sostituito per lo più dall’uso di buratti, entro i quali vengono immessi i coralli da lucidare, insieme con tutte le componenti che venivano usate per la pupatella.
Nessun commento:
Posta un commento